“Un’antologica, una personale lunghissima, un'esposizione - quella di Enzo Lisi - che si rapporta con uno spazio libero e pieno di condizionamenti, lontano dalla sacralità del museo istituzionale, il museo contemporaneo! L’artista accetta la provocazione, il confronto, la contaminazione con la danza contemporanea nel cuore di un festival che penetra ormai annualmente nella città pontine in un capoluogo che è periferia culturale che non si fa trovare però impreparato; dimostrandosi anche avanguardia quando ha occasione di misurarsi con l’umanità impegnata sul proprio territorio.”
Fabio D’Achille
Art director del MADXI e di MAD
Mi sembra di aver scritto questo testo in un modo che tocca da vicino le opere di Enzo Lisi. Sono state le opere stesse a suggerirmi, senza che ne fossi pienamente consapevole, il movimento che la scrittura doveva avere entrando nel processo creativo dell'artista. Nel rileggere vedo un incastro di piani analogo, i passaggi mi appaiono spigolosi e giustapposti ad altri passaggi nei quali si incanala un flusso di idee che non segue una linearità, ma tende a sfilacciarsi, ad aprirsi di continuo, e i materiali raccolti, tra immagini, citazioni e scritture di pugno dell'artista, realizzano una costellazione di “frammenti trovati” che si strutturano attorno alla formulazione del pensiero critico (…). L'idea del corpo e del dislocamento sono centrali, sono dei punti di irradiazione critica. Il dislocamento di cui si parla non si riferisce solo alla simultaneità dei punti di vista, al ricomporre sul piano della tela una pluralità di scorci che appaiono come possibile realtà del mondo, e non consiste nemmeno nella presenza corale degli altri, che, anche loro ridotti a ombre e riflessi, sono posti in modo non gerarchico sullo stesso piano dell’artista come punti di vista autonomi. L'immagine che Lisi ripropone allo sguardo è dislocata rispetto al vedere stesso, poiché suggerisce qualcosa che è oltre la percezione dei soli occhi. Il corpo riattiva un contatto con lo spazio, non si sente respinto, non si sente estraneo: è una dimensione allargata che ingloba il vissuto ed estende il confine del suo sentire, a sua volta smembrandosi e disperdendosi sotto forma di ombre e riflessi che si imprimono sulle cose come pelli dotate di una nuova sensibilità. Il “vedere” è un aspetto marginale che non può essere isolato, poiché si inserisce nell’insieme delle facoltà che permettono all’artista di leggersi nel mondo. Lo sguardo, quindi, suggerisce qualcos’altro, che si dà come dislocato rispetto agli occhi poiché partecipe della totalità corporea.
Daniele Fiacco
Storico e critico dell’Arte
MADXI
In località Tor Tre Ponti, suggestivo snodo paesaggistico stretto tra le alture di Sermoneta e il rettilineo della via Appia solcata dai canali della Bonifica pontina, è nato il recentissimo (2016) grande museo del MADXI dedicato all’arte contemporanea e diretto da Fabio D’Achille. Ad onta dell’elemento di sorpresa e novità, questa nuova realtà espositiva non è affatto sorta da un giorno all’altro, rappresentando al contrario il punto d’arrivo di una lunga e intensissima attività di ricerca dedicata all’arte contemporanea del territorio, che il curatore-direttore conduce in prima persona tra Latina e l’hinterland da oltre un decennio, e il punto di partenza per un’inedita e particolarissima musealizzazione di opere e artisti. Coralità, pluralismo, ma, anche, dialettica e dissonanza; armonia-disarmonia, proprio come accade in quelle che sono da oggi le prime scelte museali di MADXI, e come di fatto accade nel corso di ogni vita, in tutte le vite, e nel massimo rispetto, anche, del principio stesso dell’arte contemporanea, l’identità di arte e vita promossa e diffusa da Marcel Duchamp (...) tutte diverse espressioni di quella “Formosa Difformitas” di un contemporaneo che, come ovunque e per ogni cosa avviene, solo il passare del tempo forse storicizzerà, focalizzando meriti e competenze individuali all’interno del rutilante e composito "parterre pontino". (Marcella Cossu, storica dell'Arte. 2016)
“Un’antologica, una personale lunghissima, un'esposizione - quella di Enzo Lisi - che si rapporta con uno spazio libero e pieno di condizionamenti, lontano dalla sacralità del museo istituzionale, il museo contemporaneo! L’artista accetta la provocazione, il confronto, la contaminazione con la danza contemporanea nel cuore di un festival che penetra ormai annualmente nella città pontine in un capoluogo che è periferia culturale che non si fa trovare però impreparato; dimostrandosi anche avanguardia quando ha occasione di misurarsi con l’umanità impegnata sul proprio territorio.”
Fabio D’Achille
Art director del MADXI e di MAD
Mi sembra di aver scritto questo testo in un modo che tocca da vicino le opere di Enzo Lisi. Sono state le opere stesse a suggerirmi, senza che ne fossi pienamente consapevole, il movimento che la scrittura doveva avere entrando nel processo creativo dell'artista. Nel rileggere vedo un incastro di piani analogo, i passaggi mi appaiono spigolosi e giustapposti ad altri passaggi nei quali si incanala un flusso di idee che non segue una linearità, ma tende a sfilacciarsi, ad aprirsi di continuo, e i materiali raccolti, tra immagini, citazioni e scritture di pugno dell'artista, realizzano una costellazione di “frammenti trovati” che si strutturano attorno alla formulazione del pensiero critico (…). L'idea del corpo e del dislocamento sono centrali, sono dei punti di irradiazione critica. Il dislocamento di cui si parla non si riferisce solo alla simultaneità dei punti di vista, al ricomporre sul piano della tela una pluralità di scorci che appaiono come possibile realtà del mondo, e non consiste nemmeno nella presenza corale degli altri, che, anche loro ridotti a ombre e riflessi, sono posti in modo non gerarchico sullo stesso piano dell’artista come punti di vista autonomi. L'immagine che Lisi ripropone allo sguardo è dislocata rispetto al vedere stesso, poiché suggerisce qualcosa che è oltre la percezione dei soli occhi. Il corpo riattiva un contatto con lo spazio, non si sente respinto, non si sente estraneo: è una dimensione allargata che ingloba il vissuto ed estende il confine del suo sentire, a sua volta smembrandosi e disperdendosi sotto forma di ombre e riflessi che si imprimono sulle cose come pelli dotate di una nuova sensibilità. Il “vedere” è un aspetto marginale che non può essere isolato, poiché si inserisce nell’insieme delle facoltà che permettono all’artista di leggersi nel mondo. Lo sguardo, quindi, suggerisce qualcos’altro, che si dà come dislocato rispetto agli occhi poiché partecipe della totalità corporea.
Daniele Fiacco
Storico e critico dell’Arte
MADXI
In località Tor Tre Ponti, suggestivo snodo paesaggistico stretto tra le alture di Sermoneta e il rettilineo della via Appia solcata dai canali della Bonifica pontina, è nato il recentissimo (2016) grande museo del MADXI dedicato all’arte contemporanea e diretto da Fabio D’Achille. Ad onta dell’elemento di sorpresa e novità, questa nuova realtà espositiva non è affatto sorta da un giorno all’altro, rappresentando al contrario il punto d’arrivo di una lunga e intensissima attività di ricerca dedicata all’arte contemporanea del territorio, che il curatore-direttore conduce in prima persona tra Latina e l’hinterland da oltre un decennio, e il punto di partenza per un’inedita e particolarissima musealizzazione di opere e artisti. Coralità, pluralismo, ma, anche, dialettica e dissonanza; armonia-disarmonia, proprio come accade in quelle che sono da oggi le prime scelte museali di MADXI, e come di fatto accade nel corso di ogni vita, in tutte le vite, e nel massimo rispetto, anche, del principio stesso dell’arte contemporanea, l’identità di arte e vita promossa e diffusa da Marcel Duchamp (...) tutte diverse espressioni di quella “Formosa Difformitas” di un contemporaneo che, come ovunque e per ogni cosa avviene, solo il passare del tempo forse storicizzerà, focalizzando meriti e competenze individuali all’interno del rutilante e composito "parterre pontino". (Marcella Cossu, storica dell'Arte. 2016)